PROPRIETARIO NON RESPONSABILE DELLA CONTAMINAZIONE E INQUINAMENTO DIFFUSO: AGGIORNAMENTO NORMATIVA

 

Il ministero dell’Ambiente, con la nota dirigenziale 23 gennaio 2018, prot. 1495 è intervenuto su due temi principali in relazione alla gestione dei procedimenti di bonifica:

  • gli obblighi del proprietario non responsabile della contaminazione e onere probatorio;
  • l’inquinamento diffuso (compreso l’inquinamento storico).

Per quanto attiene al primo tema, sull’identificazione del responsabile della contaminazione (rif. art. 242 del D.Lgs. 152/06), il Ministero, facendo riferimento ad alcuni pronunciamenti del consiglio di Stato (sentenza n. 3885/2009) ed interpretazioni della giurisprudenza europea, richiama l’orientamento secondo cui il responsabile può essere identificato in base al principio (codificato nel processo civile) “del più probabile che non” come ad esempio “la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato” (Corte di Giustizia, C378/08).Riguardo al proprietario del sito non responsabile (art. 245, comma 2) la nota ricorda che ha “la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica” ma dovrà comunque comunicare agli enti la contaminazione rilevata e realizzare le misure di prevenzione, che sono cosa diversa delle misure di messa in sicurezza. Su quest’ultimo punto ancora non c’è chiarezza poiché il Ministero riprende una sentenza del consiglio di Stato (n.1089/2017) che genera confusione poiché classifica la messa in sicurezza del sito come misura di prevenzione. In realtà l’orientamento più diffuso identifica le misure di prevenzione (art. 240 lett. i) come le attività che precedono temporalmente la MISE e hanno lo scopo di intervenire nell’immediatezza dell’evento inquinante.Il secondo tema affrontato dalla nota del Ministero dell’Ambiente 23 gennaio 2018 n. 1495 riguarda l’inquinamento diffuso così come definito dall’ art. 240 lettera r) del D.Lgs. 152/2006 (“la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine”). La nota chiarisce che vi sono tre condizioni perché si possa classificare un inquinamento come diffuso:

  • l’origine non puntuale
  • l’estensione che interessi un’area vasta (che non costituisce comunque presupposto sufficiente all’identificazione di un inquinamento diffuso)
  • l’assenza di una connessione diretta fra la natura dell’inquinamento ed i soggetti potenziali fonti di contaminazione presenti sull’area.

La determinazione di queste caratteristiche necessita un’interlocuzione con gli enti tecnici delegati (Arpa locale ed Ispra). L’ultimo aspetto oggetto di approfondimento da parte del Ministero riguarda l’inquinamento storico (art. 242). Riprendendo una sentenza del Tar Bologna (n. 125/2017) secondo la quale anche un inquinamento “antico” di decenni fa sorgere l’obbligo di bonifica a carico del responsabile, si ribadisce il concetto cardine della normativa ambientale secondo cui ogni soggetto è tenuto a reintegrare il danno che abbia cagionato con il proprio comportamento anche per eventi precedenti all’entrata in vigore del “Codice ambientale” (29 aprile 2016).