TRENT’ANNI FA IL DISASTRO DELLA EXXON VALDES: NEL CORSO DELLA BONIFICA UNA DELLE PRIME APPLICAZIONI DELL’ANALISI DI FINGERPRINTING

 

 

Il 29 gennaio 1990 inizia ad Anchorage (Alaska) il processo al capitano della Exxon Valdes, accusato di negligenza, che provocò uno dei più grandi disastri ecologici nella storia degli Stati Uniti.

La Exxon Valdes, una petroliera di enormi dimensioni (lo scafo era lungo 300 metri e poteva trasportare fino a un milione e mezzo di barili di petrolio) di proprietà della Exxon Mobili, si incagliò il 24 marzo del 1989 in una scogliera dello Stretto di Prince Williams in Alaska riversando in mare decine di milioni di litri di petrolio. La Exxon Mobile approntò un’enorme e costosa bonifica (oltre due miliardi dollari) della costa inquinata ma, a parte la stima delle migliaia di animali (tra uccelli marini, lontre, foche, orche) morte in seguito allo sversamento, ancora oggi ci si chiede quale è l’impatto residuo del disastro avvenuto trent’anni fa.

In proposito furono compiuti numerosi studi tra i quali spiccano le indagini di fingerprinting composizionale su diverse matrici ambientali (tra cui sedimenti e biota) per individuare il contributo della Exxon Valdes rispetto ad altre potenziali fonti (per decenni l’area è stata soggetta a possibili contaminazioni da miniere di rame e trivellazioni per la ricerca del petrolio) e comprendere l’impatto residuo, tenuto conto che gli idrocarburi possono essere anche naturalmente degradati. A tal fine i ricercatori hanno tentato di individuare “l’impronta digitale” del greggio perso durante lo spill con conseguenze sul piano legale, e delle responsabilità. Al di là dei risultati più o meno controversi (alcuni di questi studi, di cui in parte finanziati dalla stessa Exxon Mobile, condotti in modo continuativo a partire dal 1989 concludevano come già nella prima decade degli anni duemila la parte residua del greggio sversato rimaneva solamente in zone circoscritte, intrappolate in sedimenti a bassa permeabilità e pertanto protette dal dilavamento, dall’erosione e non biodisponibili – Bohem, 2011) è interessante sottolineare come il caso della Exxon Valdes ha rappresentato un campo di prova che ha permesso nel corse dei decenni seguenti di raffinare l’accuratezza delle tecniche e delle metodologie del fingeprirnting composizionale a fini ambientali.